Origini della fotografia in Giappone

 

Quando si parla di storia della fotografia ci vengono in mente le stesse cose: la Francia, l’Inghilterra, Daguerre, Fox Talbot, la prima foto scattate, le lunghe esposizioni il Pont Neuf ecc. ma se cerchiamo notizie inerenti allo sviluppo della fotografia fuori dal vecchio continente, le informazioni sono più confuse.

In questo articolo riporto brevemente la nascita della fotografia in un Paese ancora isolato nel XIX secolo, ovvero il Giappone. La nascita della fotografia si intreccia con i profondi cambiamenti che il Paese del sol levante subirà proprio in questo tumultuoso periodo storico.

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Fino a metà dell’800 in tutto il Giappone era in vigore il Sakoku, ovvero era proibito agli stranieri l’ingresso entro i confini nazionali e gli scambi commerciali erano limitati solo con Cina e e Paesi Bassi. Era quindi molto difficile se non impossibile poter commerciare con le isole nipponiche, ed era ancora più difficile poter avere scambi culturali con paesi al di fuori di quelli consentiti.

 

Il ritratto di Nariakira eseguito da Ichiki Shiro

Il ritratto di Nariakira eseguito da Ichiki Shiro

Shimazu Nariakira, membro di una famiglia molto importante, seppur fedele alle tradizioni del proprio Paese, si interessa rapidamente alla cultura occidentale soprattutto per tutte quelle innovazioni tecnologiche che venivano portate avanti, e nel 1848 (con il Sakoku ancora in atto) acquista un’apparecchio fotografico, facendolo imbarcare su una nave proveniente dai Paesi Bassi diretta a Nagasaki. Shimazu, insieme ad alcuni suoi collaboratori tenta per ben dieci anni di creare una fotografia, un esperimento lunghissimo, complice l’assenza totale di nozioni tecniche fotografiche dovute dalla mancanza di scambi di informazioni con l’occidente. E’ il 17 Settembre 1857.

Prima di questa data accade però un evento che sconvolgerà per sempre il Paese. Nel 1853 infatti alcune navi statunitensi comandate dal commodoro Matthew Perry attraccano al porto di Yokosuka infrangendo la legge del Sakoku, saranno le cosiddette “navi nere“. Perry comunica ai Giapponesi che gli stati uniti intendono aprire una rotta commerciale con il paese del sol levante e che ciò avverrà anche con la forza se fosse necessario. Il comandate lascia nelle mani dei rappresentanti nipponici un trattato e chiede che venga fatto trovare firmato al suo ritorno, dopo un anno.

Le "navi nere" di Perry

Le “navi nere” di Perry

Esattamente 12 mesi più tardi Perry fa ritorno in Giappone con molte più navi ed ottiene la firma incondizionata del trattato senza sparare nemmeno un colpo di cannone. Le “Navi nere” non portarono in questa parte di oriente solo il commercio, ma avviarono una fitta rete di scambi culturali tra i due popoli. Eliphalet Brown, un dagherrotipista di New York, al ritorno della missione di Perry, riporta in america una grande quantità di immagini facendo conoscere al popolo statunitense una realtà mai vista prima, con volti, usi e costumi profondamente diversi.

Principe di Idzu, 1856 - immagine ovale, 9x6 pollici, litografia

Principe di Idzu, 1856 – immagine ovale, 9×6 pollici, litografia – foto di E.Brown

L’isolamento linguistico e geografico dei giapponesi aveva creato negli anni una cultura visiva completamente diversa da quella presente in occidente: il realismo (anche in pittura) ma addirittura l’uso della prospettiva (in occidente conosciuta da oltre quattrocento anni), concetti nuovi che con non poche difficoltà adesso entravano con un impatto molto forte nella cultura nipponica.

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Arte giapponese del periodo Edo

E così, mentre una parte del Paese avvia uno scambio commerciale e culturale con la cultura statunitense, una parte cerca frenare l’ondata americana ritenuta un pericolo per la perdita di identità giapponese. Nasce così una sorta di guerra civile interne, in cui molti Samurai, ribellandosi alla decisione di aprire le frontiere agli stati uniti, si mettono contro l’imperatore. Questo periodo è noto come Bakumatsu.

Un clan combattente, nel periodo b

Un clan combattente, nel periodo del Bakumatsu

 

Tornando agli aspetti “fotografici”, molti giapponesi, che hanno interesse nelle scoperte tecnologiche, imparano i fondamenti della fotografia proprio dagli americani arrivati nella loro terra, diventando i pionieri della fotografia nipponica.

Kazumasa Ogawa

Kazumasa Ogawa

 

Ma chi vuole avvantaggiarsi rispetto ai colleghi, è costretto a partire e raggiungere gli stati uniti. Lo fa per primo Kazumasa Ogawa che nel 1882 fa un viaggio che lo porta 18 mesi tra Boston e Filadelfia, imparando soprattutto le tecniche di stampa, in quanto in patria aveva già acquisito molte conoscenze sull’uso della macchina fotografica.

Al suo ritorno inaugura uno studio fotografico a Tokyo, il “Gyokujunkan” e viene subito contattato dal governo per partecipare ad alcune spedizioni per ritrattare il patrimonio culturale e poi coinvolto anche nella documentazione delle guerre sino-giapponesi e russo-giapponesi.

Nel 1888 avvia una tra le prime manifatture di lastre pronte all’uso in Giappone ed infine crea un’associazione che riunirà tutti i fotografi amatoriali nipponici. L’impeto imprenditoriale di Ogawa non conosce soste e nel 1889 avvia un’attività di fotoincisioni investendo quindi anche in campo editoriale e attivando una rivista fotografia oltre a numerose pubblicazioni con riproduzioni di fotografie. Molte pubblicazioni create da Ogawa sono in doppia lingua, conoscendo il potenziale che certe immagini hanno tra i curiosi intellettuali e collezionisti d’arte occidentali.

 

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Momotaro (nome della Gheisa ndr) di Shinbashi, da “Types of Japan. Celebrated Geisha of Tokyo” 1891 collotipia

 

Quindi, come avviene in molti casi anche in occidente, il fotografo diventa anche imprenditore e divulgatore e lo fa attraverso le proprie immagini e quelle dei collaboratori. Nel 1891 Kazumasa pubblica “Types of Japan. Celebrated Geisha of Tokyo” dove inserisce 12 immagini in bianco e nero, eseguite in studio sempre nella stessa posa. Ogni foto riporta la didascalia con il nome ed il quartiere dove la Geisha vive e lavora. Queste fotografie sono solo una parte di una collezione che Ogawa espone presso il più alto edificio di Tokyo del momento, ovvero il Ryounkaku, progettato, ironia della sorte, da un ingegnere scozzese.

 

Una curiosità: oggi il porto militare di Yokosuka, quello dello sbarco della navi nere del commodoro Perry, ospita una base navale americana che in passato è stata molto attiva in oriente.